Spazi di relazione tra la città e l’acqua.
Una proposta di riorganizzazione per il quartiere Sant’Elia a Cagliari
Tesi di laurea in Architettura
- Università degli Studi di Sassari
- Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica di Alghero
- Relatore: prof. Giovanni Maciocco
- Correlatori: arch. Michele Valentino; arch. Laura Lutzoni
- Data della discussione: 26/11/2014
Descrizione del progetto
La ricerca progettuale sugli spazi di relazione nel quartiere Sant’Elia nasce dalla necessità di riattivare un’area strategica fondamentale per Cagliari e per i comuni circostanti: Monserrato, Selargius, Quartucciu e Quartu Sant’Elena.
Si tratta di un’area che occupa una posizione centrale, di “cerniera” nella struttura che relaziona Cagliari e gli altri comuni con l’acqua: il mare, le saline e lo stagno.
Il quartiere Sant’Elia fin dalla sua fondazione come borgo è stato vittima di una logica che ha fatto registrare una topografia sociale sempre più contrastata rispetto al resto della città, generando nel contempo un insieme di ingiustizie spaziali e sociali.
L’urbanistica e l’architettura hanno le loro precise responsabilità: in una politica di separazione, infatti, influisce in maniera determinante definire i caratteri di una parte di città ad alta o bassa densità, case a schiera o ville unifamiliari, numero di spazi verdi, numero di parcheggi, quanti asili, scuole e ospedali, in prossimità o meno dal centro, il collegamento con il trasporto pubblico. «Un muro è un muro, ma il suo senso, uso e ruolo sono diversi quando serve a proteggersi dalle intemperie o dal rumore, a delimitare un giardino o un terreno coltivato, a separare gli appestati dal resto della città, a recingere un ghetto o una gated community […]. Un’autostrada, o una strada a grande traffico, congiunge rapidamente punti posti ad una certa distanza, ma al contempo è anche una barriera rumorosa e inquinante che separa il territorio alla sua destra da quello alla sua sinistra» (B. Secchi, La città dei ricchi e la città dei poveri, Laterza, Bari-Roma, 2013, p. 25-26).
Sant’Elia sembra configurarsi come un album in cui sono presenti tutti i dispositivi a cui si faceva riferimento: quest’area è infatti ben distinta ed emarginata sia dalla distanza con il centro della città, ma anche e soprattutto dagli assi viari che, promuovendo un traffico veicolare rendono impossibile il passaggio dei pedoni da una parte all’altra della città: dallo stadio che con l’immensa area di parcheggi che lo circonda crea una cesura con il territorio circostante; dall’area militare che, essendo sottoposta a vincolo, impedisce il transito dei cittadini contribuendo a creare un’ulteriore separazione e infine il canale San Bartolomeo costituisce un altro strumento, anche se naturale, che allontana e rende difficile il rapporto tra il quartiere e il resto della città.
Sono noti gli esiti che questi dispositivi, insieme ad una precisa volontà politica, hanno avuto sul quartiere e sugli abitanti: atrofia, o addirittura mancanza degli spazi pubblici e carenza di servizi per quanto riguarda il quartiere, discriminazione ed emarginazione per quanto riguarda gli abitanti. Queste, dopo uno studio incentrato sull’individuazione delle criticità e dei problemi, sono emerse come le due grandi questioni alle quali il progetto deve dare una risposta.
È evidente come le due questioni sono tra loro collegate, ovvero una sia causa dell’altra: in particolare si tratta di intervenire sul problema dell’isolamento con il resto della città e contemporaneamente risolvere i problemi interni al quartiere di cui la mancanza dello spazio pubblico è la causa principale.
Per quanto riguarda la prima questione, quella del collegamento del quartiere con il resto della città, l’attenzione è posta sul senso, sulla definizione, sull’identità e riconoscibilità della città e delle sue singole parti, soprattutto quelle incompiute e degradate. La consapevolezza del rallentamento della crescita urbana, i nuovi rapporti tra centro e periferia e la dissoluzione della contrapposizione tra città e campagna hanno indirizzato le scelte progettuali verso un piano che ha abbandonato le previsioni di espansione dell’insediamento: non si propone la costruzione di nuove abitazioni per agevolare i collegamenti tra le due parti di città, ma si cerca di stabilire delle relazioni con il recupero di due canali “storici”, presenti quando quest’area non era ancora stata bonificata ed era quindi destinata all’estrazione e lavorazione del sale, e con la costruzione di un terzo canale ex novo passante vicino allo stadio. Il senso di questi canali oltre che restituire all’acqua un’area che le è stata rubata è quello di riattivare un quartiere, senza demolire le costruzioni esistenti, ma anzi conformandole e qualificandole con un elemento naturale.
Si tratta di un intervento sospinto anche dal fatto che Cagliari è una città che si affaccia sul mare, ma proprio con esso ha avuto sempre un rapporto difficile: i cagliaritani infatti per andare al mare, anche solo per fare una passeggiata, sono costretti a prendere la macchina e raggiungere il Poetto che si trova a qualche chilometro di distanza dalla città.
Il quartiere Sant’Elia, l’unico a Cagliari, ha invece la fortuna di essere stato costruito a pochi metri dalla costa rendendo possibile questo intervento il quale, oltre agli altri descritti, ha il compito di rafforzare il sentimento di appartenenza che gli abitanti hanno per quest’area: qui è presente l’acqua a differenza delle altre aree urbane.
All’intervento di cucitura tra le parti della città si è cercato di definire il carattere degli spazi pubblici nel quartiere.
Atrofia dello spazio per il pubblico significa mancanza dello spazio di relazione: in un qualsiasi quartiere di una qualsivoglia città, le persone non vivono insieme perché abitano nello stesso palazzo o condividono lo stesso pianerottolo, ma perché quando escono dall’appartamento hanno la possibilità di socializzare, di stare insieme, di potersi scambiare idee e opinioni. Questa possibilità è negata agli abitanti di Sant’ Elia ed è per questo che le uniche attività ricreative possibili sono quelle promosse dalle varie associazioni che da anni lavorano con i bambini e i ragazzi che qui vivono.
Il progetto propone un disegno di suolo atto a creare alcuni spazi per lo stare insieme, il vivre ensamble. Si tratta del disegno di alcune «piazze d’acqua» che, agganciandosi ai canali sopra descritti, definiscono chiaramente lo spazio fra gli edifici.
Tra tutte si è voluta approfondire l’area in prossimità del Lazzaretto: qui attraverso una modellazione del terreno si cerca una relazione fra il complesso delle Torri, quello degli Anelli e appunto il Lazzaretto. Il progetto prevede la costruzione di una struttura, adibita a biblioteca, che funga da «testata» per il complesso degli Anelli e dalla quale si dispongano una serie di piazze per il pubblico.
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